Coralli, conchiglie, scheletri di pesci, denti di squali, ma anche resti di mammiferi marini, come lamantini o cetacei, si depositarono sul fondale mescolandosi con le sabbie e le ghiaie presenti nel fondale stesso. Circa 10 milioni di anni fa, nella fase terminale del Miocene, iniziò un lento processo di regressione del mare che fece avanzare la linea costiera e permise l’emersione dell’antico vasto deposito sedimentario marino di origine organica. Stava nascendo la famosa Pietra del Finale dove i resti di origine organica marina vennero “cementati“ con le sabbie e le ghiaie dal carbonato di calcio. Successivamente iniziò la “seconda fase” della genesi del Finalese: dopo l’acqua marina, entrò in gioco l’acqua piovana che, nel corso dei milioni di anni successivi, erose, incise, modellò il grande piastrone originario, frammentandolo in quattro più piccole placche caratterizzate da innumerevoli fenomeni carsici: doline, inghiottitoi, grotte e valli fossili. La parte meridionale delle placche rimase, come lo è tutt’ora, in contatto con il mare subendo l’erosione del moto ondoso e creando l’imponente falesia marina di Capo Noli.

La grande bellezza del Finalese che possiamo osservare oggi, uno dei luoghi di maggiore valore paesaggistico e naturalistico della Liguria, non potrebbe quindi essere tale senza il ruolo fondamentale che ha avuto l’acqua nella sua creazione.